Art. 7.
(Princìpi e criteri direttivi in materia di codice deontologico e di potere disciplinare).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, con specifico riferimento all'emanazione di codici deontologici di categoria e al potere disciplinare degli ordini, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

          a) fissare criteri e procedure di adozione di un codice deontologico avente le seguenti finalità: garantire la libera scelta da parte dell'utente e il suo affidamento, il diritto ad una qualificata, corretta e seria prestazione professionale nonché a un'adeguata informazione sui contenuti e le modalità di esercizio della professione e su situazioni di conflitto, anche potenziale, di interesse; tutelare l'interesse pubblico al corretto esercizio della professione e gli interessi pubblici comunque coinvolti in tale esercizio; garantire la credibilità della professione; garantire la concorrenza; stabilire che la violazione dei princìpi in materia di pubblicità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l), possa essere fonte di responsabilità disciplinare;

          b) prevedere che il potere disciplinare sugli iscritti sia esercitato da organi nazionali e territoriali, distinti dagli organi di gestione e strutturati in modo da assicurare adeguate rappresentatività, anche per sezioni, imparzialità e indipendenza, composti non soltanto da professionisti iscritti al relativo albo; prevedere che in sede locale solo alcuni dei componenti delle commissioni disciplinari appartengano allo stesso ordine territoriale cui è iscritto l'incolpato, con la possibilità di costituire commissioni regionali o interregionali ovvero di spostare la competenza territoriale a conoscere del procedimento disciplinare;

          c) prevedere specifiche regole per la titolarità e l'esercizio dell'azione disciplinare e per la celere conclusione del procedimento, in coerenza con i princìpi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto procedimento;

 

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          d) consentire l'impugnazione davanti agli organi centrali o comunque davanti ad organi giurisdizionali e l'esperibilità del successivo ricorso per cassazione;

          e) prevedere l'esercizio, in via sostitutiva per i casi d'inerzia, dell'azione disciplinare da parte del Ministro competente per la vigilanza, o di un suo delegato, ovvero del pubblico ministero, se non titolare dell'azione disciplinare;

          f) individuare gli illeciti disciplinari nel mancato rispetto delle leggi e del codice deontologico, nell'omesso aggiornamento della formazione professionale, nei comportamenti pregiudizievoli per il cliente o contrari alla credibilità e al decoro della professione;

          g) individuare le sanzioni applicabili secondo una graduazione correlata alla gravità e alla reiterazione dell'illecito, dal semplice richiamo alla cancellazione dall'albo; prevedere che, in caso di illecito commesso dal professionista socio, gli effetti sanzionatori gravino anche sulla società e sui professionisti titolari di cariche sociali; prevedere il modo in cui incidono gli effetti sanzionatori nel caso di società costituite da professionisti appartenenti a categorie diverse, attenendosi al criterio della prevalente attività prestata per le società multiprofessionali, fatta comunque salva la responsabilità per i professionisti titolari di cariche sociali; prevedere ipotesi eccezionali di sospensione cautelare dall'esercizio della professione limitata nel tempo.